E' sempre un'emozione potere essere tra i portavoce della bellezza palladiana e di come essa sia a sua volta portavoce di unità nel mondo.
Ritrovando conferma ogni volta come l'architettura, nobilissima arte, possa parlare molteplici lingue e declinarsi in forme differenti, mantenendo nel contempo un valore universale.
Accade così che discorrendo con una nostra amabile cliente, siamo andati a ripercorrere le gesta del Palladio nientemeno che in Terra d'Oriente.
Per farlo, però, occorre richiamare alla mente una delle opere palladiane più note a Venezia: Il Redentore. Una Chiesa imponente, che si affaccia sulla Giudecca, e che si innalza verso il cielo con una cupola allungata dal sapore bizantino e con due campanili cilindrici, a copertura conica, che un occhio attento non può che ricondurre a due minareti.
Due minareti che - ecco la loro ulteriore peculiarità - dovevano essere visti dall'adiacente palazzo Mocenigo, residenza dei delegati ottomani nella città lagunare.
I contatti veneto - ottomani non furono infatti solo di guerra. Durante i lunghi periodi di pace si svilupparono intensi scambi culturali e commerciali, abilmente mediati dall'incessante opera dei "baili".
ll Bailo, dal latino “bailus”, ovvero il reggitore, era un esponente scelto con minuzia tra la nobiltà veneziana, educato per assumere cariche pubbliche tra cui quella di maggior prestigio era proprio la figura del Bailo a Costantinopoli.
Tra tutti spicca la figura di Marcantonio Barbaro: il nobile veneziano, amico e committente di Andrea Palladio, fu ambasciatore ad Istanbul dal 1568 al 1574.
Narrano le cronache dell'epoca che non fosse insolito incontrarlo tra i cantieri di Costantinopoli, in particolare quelli delle moschee in costruzione.
E' certamente in tale contesto che Marcantonio Barbaro conobbe Mimar Sinan, il grande progettista turco che realizzò quasi cinquecento edifici, fra grandi moschee, palazzi, terme e ponti.
Palladio e Sinan non si incontrarono mai di persona, ma forse anche grazie al ponte virtuale offerto loro da Marcantonio potè iniziare un lontanissimo dialogo, che darà origine a efficaci contaminazioni architettoniche da ambo le parti.
Poco dopo l’uscita dei Quattro Libri di Palladio (1570), alcune moschee cominciarono a mostrare elementi e soluzioni riconducibili al "nostro mondo" raccontato nel trattato, fino a culminare nella moschea imperiale di Solimano Il Magnifico a Istanbul, nota come Suleymaniye, considerata il capolavoro assoluto dell'opera di Sinan.
Parallelamente, il progetto per la Chiesa del Redentore cominciò a fare sfoggio di due curiosi campanili gemelli, simili a minareti.
"L’alta cupola e i campanili miravano a riaffermare il prestigio di Venezia agli occhi degli ottomani, in un momento in cui l’immagine dello stato era stata danneggiata dalla peste del 1575-76, e poi dall’incendio del 1577 di Palazzo Ducale..." scrive Howard Burns nei suoi studi.
Ancora una volta architettura diviene linguaggio della politica, sotto il segno unificante della bellezza come biglietto da visita universalmente conosciuto e riconosciuto, destinata a raccontare di sé imperitura nei secoli.
Concludiamo questo evocativo viaggio tra Oriente ed Occidente citando Gianpaolo Scarante, moderno "bailo" dei nostri tempi e già ambasciatore ad Ankara: "La città che più mi ricorda Venezia è Istanbul, città sorella. L’acqua la circonda su tre lati, il Bosforo, il mar di Marmara e il Corno d’oro e questo fa sì che le strette e lunghe calli dell’antica Pera, oggi Beyoğlu, dove passeggiavano i baili, si concludano sempre verso l’acqua, come sulla laguna".
E su queste parole, immaginando tramonti che si specchiano sull'acqua, ricchi di riflessi dorati e di rossi accesi, continuiamo a sognare, anche noi umili "baili" al cospetto della straordinaria storia dell'architettura nel mondo, lingua a chiunque comprensibile e in grado di unire con la parola della pietra.
Se vuoi conoscere di più su Il Redentore e sulle Basiliche Palladiane a Venezia
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