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Immagine del redattorePalladian Routes

Ville di barriera corallina




Siamo sopra un'antico mare, quando qui – decine di milioni di anni fa - ci trovavamo ai tropici del pianeta. Nel frattempo l'asse terrestre si è spostato, molti diversi strati si sono sovrapposti e pressati tra loro, fino a divenire roccia... Ma ancora oggi possiamo ritrovare le alghe e i coralli di quella barriera corallina che separava il mare aperto da un'ampia pianura interna.


Una barriera ricchissima di vita marina che sopravvive nella pietra usata dal Palladio per i basamenti e i capitelli delle colonne delle sue Ville. Nelle cornici delle porte e delle finestre. Nelle eleganti scalinate. Nelle sculture a coronamento delle coperture e degli ingressi.

Laddove erano ammoniti e altri molluschi, ricci di mare, coralli singoli o coloniali, oggi abbiamo un tripudio di scheletri di microflora e microfauna intrappolate tra le chiare sabbie di quegli antichi fondali che potremmo avvicinare idealmente a quelli caraibici.







Quel mondo riemerge, poi viene sommerso dal mare, riemerge ancora, sprofonda nuovamente, inerme di fronte alle forze ciclopiche che modellano il nostro pianeta, ad una scala di potenza gigantesca rispetto a quella dell'uomo.


Quel colore chiaro e caldo, così caratteristico della nostra pietra di Vicenza, restituisce ancora oggi la luce di quelle spiagge e di quei fondali sotto i riflessi di onde cristalline, ed è uno dei tanti elementi che concorrono alla bellezza di queste architetture pensate per fondersi con la natura circostante. E per divenire le stelle pulsanti dei territori che qui trovavano e trovano il loro riferimento, una volta anche funzionale, oggi quasi sempre solo paesaggistico.





Non è uno il colore della pietra di Vicenza: le sfumature delle diverse vene vanno dal bianco avorio, al crema, al paglierino, al giallo dorato chiaro, in dune fiorite che si muovono tra le diverse valli. Andrea le conosce bene, e le usa per modulare gli effetti delle sue creazioni: dal monocromo a bicromie più o meno contrastanti, facendo quasi dialogare le diverse parti dei suoi organismi architettonici.


E poi quella pietra, così tenera e facile da lavorare che può essere trattata anche con gli utensili da legno, con Palladio diviene polvere da integrare nella composizione dell'intonaco. Così che tutta la Villa, infine, sarà agli sguardi ammirati una purissima scultura di un unico materiale: quello, appunto, di quell'antica barriera corallina che si cominciava a formare decine di milioni di anni fa (chi dice 50, chi dice 90) e che ancora oggi si mostra agli occhi nostri e dei nostri visitatori in quella che chiamiamo la “Scogliera di Lumignano” e nella parte sudorientale dei colli.





Il nostro scalpellino la conosceva molto bene, quella pietra. Sin da ragazzino ci era cresciuto insieme, perchè scendendo le scale trovava la bottega del Cavazza, a Padova, dove comincerà il suo apprendistato. E sarà quella pietra dolce a prendere forma sotto le sue mani, per tutti gli anni in cui crescerà la sua abilità, la sua conoscenza, la sua passione, ni particolare presto trasferitosi a Vicenza, nella bottega dei Pedemuro.

Fino a quando, sulla soglia dei trent'anni, potrà cominciare la vera e propria educazione di architetto.






Ma non è il Palladio un Leon Battista Alberti: con quella pietra del Tropico del Cancro lui ci cresce fisicamente, ne conosce ogni segreto, ne assapora l'essenza ancestrale, affascinato da quella luce imprigionata nella materia, al di là dei confini delle epoche dell'uomo, per sempre.


Giungendo infine ad eternarla egli stesso, in quelle che oggi sono diventate le nostre Ville di barriera corallina.





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